rischio infarto

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Oltre un terzo degli italiani soffre di reflusso gastroesofageo almeno una volta al mese. L'esperto di Ok Roberto Penagini, spiega come affrontarlo.

 

Il reflusso gastroesofageo è un disturbo molto frequente nella popolazione e anche molto fastidioso. Roberto Penagini, professore associato di Gastroenterologia e responsabile del servizio di endoscopia digestiva all’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano (puoi chiedergli un consulto) spiega come affrontarlo con terapie mirate ma anche facendo attenzione allo stile di vita.

La malattia da reflusso gastroesofageo (Mrge) è un problema diffuso. Oltre un terzo degli italiani ne soffre almeno una volta al mese. Il disturbo si ha quando gli acidi dallo stomaco risalgono lungo l’esofago, bagnando, infiammando e corrodendo alla lunga le sue pareti.

SINTOMI- Bruciore di stomaco o dietro lo sterno, acidità, rigurgito, senso di digestione lenta e faticosa, sono i sintomi tipici del reflusso gastrico esofageo. Quelli atipici, che si manifestano nel 15% dei pazienti, sono tosse stizzosa, sensazione di un corpo estraneo in gola, difficoltà a deglutire, eruttazioni, dolore al petto, disfonia e raucedine.

CAUSE- All’origine sembra esserci un difetto nel funzionamento del cardias, la valvola che separa l’esofago dallo stomaco. Spesso è provocato dalla presenza di un’ernia iatale, ossia la risalita verso il torace di parte dello stomaco attraverso lo iato (quel forame del diaframma attraverso cui l’esofago si unisce allo stomaco).

DIAGNOSI- All’endoscopia, in grado di accertare solo i casi di malattia erosiva (più rara), si preferisce un test che prevede la somministrazione per due settimane di farmaci specifici, gli inibitori della pompa protonica: se i sintomi scompaiono la diagnosi è confermata. Altri esami diagnostici a disposizione sono, la pH impedenzometria, la manometria esofagea e l’esofagogastroduodenoscopia. Quest’ultimo esame consiste in una sonda munita di telecamera che, inserita dalla bocca, consente al medico di guardare all’interno di esofago, stomaco e duodeno, rilevando l’eventuale presenza di lesioni dovute all’acido.

STILI DI VITA- Uno stile di vita corretto è in grado di ridurre la sintomatologia nel 20-30% dei casi. Il primo consiglio è di non sovraccaricare lo stomaco. Dunque l’ideale è fare cinque pasti al giorno, con due spuntini frapposti tra colazione, pranzo e cena, per evitare il consumo di porzioni abbondanti, cercando di mangiare lentamente, masticando molto i cibi. Da ridurre gli alimenti che possono peggiorare il reflusso gastroesofageo, come gli agrumi, i pomodori, i latticini, il cioccolato, gli alcolici, il tè e il caffè.

Bisogna poi evitare subito dopo i pasti:

– di mettersi a dormire;

– di eseguire sforzi fisici;
– di indossare vestiti e cinture troppo stretti.

È consigliabile invece dormire con la testata del letto rialzata (nei casi indicati dal medico).

TERAPIE- Nella grande maggioranza dei casi si ottengono buoni risultati con gli inibitori della pompa protonica, che riducono la quantità di acido nello stomaco, e vanno in genere assunti per lunghi periodi, stabiliti dal medico. Nei rarissimi casi di mancata risposta ai farmaci, si rimodella la giunzione gastroesofagea con un intervento per l’ernia iatale.