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Tratto www.humanitasalute.it

In molti casi viene tenuta nascosta da chi ne soffre ma, pur rimanendo un disturbo pressoché vago e quindi spesso di difficile diagnosi, in Italia ne soffre il 12-15% delle donne. È la vulvodinia, una percezione dolorosa a livello vulvare. Ce ne parla la dottoressa Cinzia Bulletti, ginecologo di Humanitas.

 

I sintomi

La vulvodinia viene riferita come bruciore, irritazione, sensazione di abrasione, secchezza, “punture di spillo”, tensione, percezione di avere dei tagli sulla mucosa, disepitelizzazione e gonfiore. È una condizione che quindi ben si differenzia dal prurito. Solitamente non è accompagnata da traumi fisici osservabili e non ha una fascia di età come target specifico, può presentarsi in qualsiasi periodo della vita di una donna, dalla pubertà alla menopausa, anche se è più frequente in età fertile.

Tra le possibili cause scatenanti si ricordano le ripetute infezioni batteriche o micotiche vaginali e vescicali, una predisposizione genetica alle infiammazioni, lesioni del nervo pudendo conseguenti al parto o a traumi, ipercontrattilità vulvo-perineale, alterazioni genetiche, ma anche traumi psicologici legati a rapporti sessuali, visite o interventi chirurgici ginecologici. È stato verificato che le fibre presenti nel nervo della zona vestibolare e vulvare delle pazienti vulvodiniche sono molto numerose e voluminose.

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A volte si associa una ipercontrattilità della muscolatura che circonda la zona perianale e vulvare. Schematicamente si parla di vulvodinia spontanea quando la donna avverte costantemente dolore o fastidio, anche in assenza di stimolazione, e di vulvodinia provocata quando i sintomi si innecano in seguito ad una stimolazione (penetrazione vaginale, sfregamento oppure anche al solo contatto). In base alla localizzazione del dolore, si distingue la vulvodinia generalizzata (il disturbo interessa tuttta l’area vulvare) da quella localizzata, in cui il disturbo è appunto limitato a zone precise (ad esempio il vestibolo e/o il clitoride).

Le conseguenze per la donna

Il dolore può essere quindi anche scatenato da comuni attività o abitudini come indossare indumenti stretti, andare in bicicletta ma anche semplicemente stando sedute e può manifestarsi durante la fase penetrativa dei rapporti sessuali, rendendoli a volte impossibili, o durante una visita ginecologica o con l’inserimento di tamponi vaginali. Talvolta si possono associare anche disturbi vescicali e/o uretrali. Ne consegue che molte donne affette da questa problematica sviluppano irritabilità, frustrazione, depressione che inevitabilmente incidono nei rapporti con gli altri e anche nella sfera sessuale.

Come prendersene cura

Dal punto di vista terapeutico inanzitutto è necessario, magari solo temporaneamente, evitare le situazioni che scatenano il dolore ad esempio esercizi fisici che comportino un eccessivo sfregamento e frizione sulla regione vulvare (es. bicicletta, ciclette o spinning); prediligere il ricorso a un abbigliamento intimo in cotone o, meglio ancora, in fibroina di seta medicata e optare per indumenti ampi; evitare i salvaslip e prediligere assorbenti in cotone. Sono sconsigliati i detergenti mentolati e profumati.

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Talvolta vengono prescritti farmaci antidolorifici, sostanze naturali ad azione antiinfiammatoria ma anche creme ad azione anestetica locale. Quando le donne affette da vulvodinia presentano un’alterazione spastica della muscolatura perianale-vulvare è consigliata anche la riabilitazione del pavimento pelvico in eventuale associazione a miorilassanti. L’indicazione è di rivolgersi al medico o al ginecologo che saprà valutare l’origine del distrubo e definire il miglior trattamento.